Passo Mortirolo

Il trofeo sul passo

da Edolo – Monno

Edolo (800m s.l.m.) – Passo Mortirolo (1851m s.l.m.) – 14km


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La macchinetta delle "Salite del Giro"

Quella mattina ero partito per fare il Gavia. Sveglia prestissimo, la bici già in macchina dalla sera prima, tutto pronto per la grande impresa la cui idea era nata sull’onda dell’entusiasmo per la scalata dello Stelvio la settimana precedente. A Edolo, la mia base di partenza (per avere una ventina di km di riscaldamento prima di iniziare la salita a Ponte di Legno), mi rendo conto che fa freddo. E’ mattina presto ma il cielo non è limpido, un pallido sole traspare con difficoltà dietro nuvole che, pur sottili, sono sufficienti a fermare il tepore dei raggi. Parto un po’ dubbioso, ma ormai che mi sono svegliato alle 4:30 per arrivare qui, qualcosa farò. La strada è quasi pianeggiante, a parte qualche strappetto isolato e brevissimo. Si guadagnano comunque quei 400 metri di dislivello che ci portano ai 1200 di Ponte di Legno, dove inizia la vera e propria salita. La strada è bella e tranquilla, ma il tempo ancora incerto. A Ponte di Legno aggiro il centro abitato per seguire la strada fino al bivio che a sinistra porta verso il Gavia e dritto prosegue verso il Tonale. C’è un vento tagliente, il sole è ancora decisamente poco convinto. Ci sono 13 gradi e non abbiamo neanche iniziato. Il gradiente termico dell’atmosfera è di circa 6 gradi ogni mille metri di quota. La cima è a più di 2600 metri, ovvero 1300 metri sopra di me, quindi ci saranno 8-9 gradi in meno. La prospettiva di trovare 4-5°C in cima e dover scendere con quella temperatura non mi attira per niente. Inoltre il vento è veramente fastidioso per cui anche se la temperatura più tardi dovesse salire, non so se ne avrei tanto giovamento. Alla fine la prudenza prevale e decido di tornare indietro. E’ già settembre e in alta montagna il tempo non ti avverte se gli gira male.
Lungo la strada avevo visto un cartello con un altro nome celebre: Mortirolo. Pochi km dopo Edolo c’è infatto il bivio per il celebre passo, che fino alla più recente “scoperta” dello Zoncolan, che pare essere ancora più titanico, è stato uno dei miti del ciclismo degli ultimi anni. Questo però è un Mortirolo più tranquillo (si fa per dire). Il versante più famoso è quello che parte da Mazzo di Valtellina, mentre qui siamo sul versante bresciano. E’ insomma il lato B del Mortirolo.
Decido di provare questo. La cima è a 1800 metri di quota, per quanto il tempo possa rimanere freddino, è sempre meno che 2600, e comunque la distanza necessaria per tornare alla base di partenza nel caso dovesse peggiorare è molto minore. In realtà nelle ore successive il cielo si schiarirà, per cui forse le mie cautele risulteranno eccessive, ma come si fa a dirlo in anticipo ? In ogni caso non è stato un ripiego, perchè anche il versante meno impegnativo della celebre montagna riserverà emozioni psicofisiche non indifferenti… La salita inizia a Monno. Arrivando da Edolo (700m slm), dopo circa 5km si svolta a sinistra lasciando la SS42 e immettendosi sulla SP81. La quota è sugli 800m. Le cose si fanno subito abbastanza serie. La pendenza media è minore del 7% (c’è di peggio…) ma sarà dura. Lungo il percorso, a parte Monno, non ci sono altri centri abitati ma solo qualche casa isolata. Incontro una coppia di ciclisti, un ragazzo e una ragazza, che mi superano e via via si allontanano. Io salgo al mio ritmo, che è, diciamolo, abbastanza lento, ma forzare non serve a niente per cui li lascio andare. Soffro abbastanza, anche se questo è il lato B non fa sconti; sicuramente più duro dello Stelvio, con strappi più violenti e arrabbiati, “rasoiate” sui polpacci note a tutti gli appassionati di ciclismo.
Io poi ho un classico 53-39×26 denti come massimo pignone, per cui non posso neanche scialare con i rapporti, la mia gloriosa bicicletta in acciaio, quindi non certo ultraleggera, e a peggiorare le cose ho portato con me una piccola borsa per trasportare frutta, qualche accessorio di vestiario e altri generi di conforto, che in genere mi servono più per conforto psicologico che pratico. Il peso però non è psicologico e me lo trascino dietro in senso pratico. I kilometri intanto scorrono lentamente e una curva dopo l’altra, un tornante dopo l’altro, piano piano arrivo alla meta. Il cartello del passo precede di qualche decina di metri una spianata da cui si diparte la strada che porta in Valtellina e un’altra che non ho esplorato. Il posto è molto bello e silenzioso, a differenza di altri valichi non ci sono alberghi o rifugi. Intanto il tempo è decisamente migliorato. Torno a Edolo pensando che il Gavia è solo rimandato. Passerà un anno prima di riuscire a conquistarlo, in una giornata che sarà di ciclismo veramente “epico” (almeno per me).