Da Porto Empedocle si esce facilmente seguendo il lungomare verso la SS115 in direzione villaggio Mosè, come spiegato dalla simpatica titolare del B&B dove ho pernottato (indicazioni perfettamente corrette, nonostante lei stessa si fosse definita “un navigatore rotto” per le sue scarse doti di orientamento). Raggiungo la strada senza particolari difficoltà, è il solito stradone apparentemente ostile alla bicicletta ma in realtà tranquillissimo, soliti saliscendi e poco traffico. Raggiungo Licata che è decisamente meglio di quanto mi aspettassi; mi rifornisco di cibo con un buon panino imbottito di provola affumicata, parmigiano e pomodori. Anche in prossimità di Licata è possibile una deviazione dalla SS115, uscendo a Torre di Gaffe. La SS115 è qui un po’ desertica, brulla e selvaggia, gialli e verdi accesi, montagne a sinistra poco distanti e aspre per quanto basse, probabilmente non più di 3-400m di quota nelle parti che si vedono dalla strada. Raggiungo Gela veleggiando con un forte vento a favore che mi spinge e mi rinfresca. Il clima è ancora miracolosamente sereno e fresco, nessuna traccia del caldo che si è assolutamente autorizzati ad aspettarsi (quasi pretendere) da queste parti. Nei tratti in pianura o discesa e dove la strada è particolarmente scorrevole si procede a gran velocità e grande divertimento (moto)ciclistico. Nei tratti in salita si procede quasi senza sforzo; se il vento è poco o orientato lungo la direzione di marcia, e per di più in salita, allora per qualche breve momento fa caldo, ma è sufficiente una curva che cambia la direzione della strada rispetto al vento e si gode di nuovo del refrigerio. Mentre ero fermo per mangiare il panino a Gela, in un tratto di strada all’ombra davanti al mare, c’era quasi freddino (il 15 Luglio). Gela è caratterizzata dall'”industria“, così definita dal barista che mi ha servito un succo di frutta durante la pausa-panino. “Industria” detto con accento siculo, ovviamente, con la caratteristica “str” trascinata. L’industria in questione è un enorme polo petrolchimico risalente agli anni ’60, in gran parte dismesso e che proprio in questo periodo vive un particolare periodo di crisi (procedendo per uscire dalla città incontro alcuni presìdi di lavoratori in protesta davanti alle vie di accesso).
A Gela la strada lascia il mare perchè ora il percorso si inoltra nell’entroterra per dirigersi verso la zona del barocco siciliano, ovvero Vittoria, Comiso, Ragusa, Modica e Noto. La strada è ancora più brulla e spesso decisamente scassata. Si costeggia l'”industria” da vicino, che è di una bruttezza notevole. Mi fermo a Comiso trovando un’altra sorpresa del viaggio, una bella cittadina con molte cose interessanti da vedere, un bellissimo Bed & Breakfast dove pernottare, una piazza piena di gente la sera, architettura barocca e medioevale, i monti Iblei a fare da sfondo e dei meravigliosi arancini di riso per cena. Anche qui le orecchie si pasceranno del suono della lingua madre, in piazza in mezzo alla gente, al B&B parlando con Ester e nel posto degli arancini, con i due “fratelli Cantunera

Lasciando Comiso si affronta la prima vera salita del viaggio: 10km da 200m ai 600m di Ragusa. La salita è per lo più intorno al 5%, salvo la primissima rampa nell’abitato di Comiso, al 9% per circa 7-800m, ma è solo il primo breve tratto per raggiungere la statale a partire dal centro storico. Per il resto pedalando regolari a 10km/h si gode di un bel panorama senza nessuna fatica: il mare a distanza, Comiso dall’alto e i tornanti che seguiranno. Al bivio con la SS514 si supera un ponte con alcuni svincoli e inizia il lungo rettilineo che porta alla città di Ragusa. A Ragusa si inizia a scendere per andare verso Ragusa Ibla, il centro storico con il nucleo barocco tipico di questa zona. Ragusa Ibla è una perla che merita una visita molto più accurata di quanto non abbia fatto io con la bicicletta, ma quel (relativamente) poco che ho visto mi ha riempito gli occhi di meravigliosa bellezza. Con la bicicletta carica di bagagli la cittadina è un po’ complicata da visitare perchè è un labirinto di stradine lastricate di pietra continuamente in salita e in discesa. Questo è inoltre uno dei luoghi in cui sono stati girati i telefilm del Commissario Montalbano (di cui abbiamo già avuto un assaggio a Porto Empedocle), e sono stati probabilmente molto valorizzati proprio da questa notevole pubblicità televisiva, ma sono molto ben tenuti e costituiscono un distretto turistico storico-artistico di grandissimo interesse e molto ben gestito. Da Ragusa Ibla si risale per proseguire verso Modica, la seconda perla della giornata, un altro centro barocco di grande bellezza anche se un po’ più invecchiato dal tempo. Qui è assolutamente obbligatorio almeno assaggiare la leggendaria cioccolata di Modica, specialità locale di bontà quasi divina, dopo di che la vostra bicicletta avrà mezzo kg in più (di cioccolata) da portarsi in giro, perchè non è ammissibile tornare a casa senza cinque o sei tavolette di vari gusti. Dopo Modica si sale ancora un po’ per poi iniziare la lunga discesa verso Ispica, in un paesaggio fatto di terreni dal giallo intenso recintati da muretti in pietra. Dopo Ispica ultimi km per Rosolini e quindi ultima salita verso Noto, non lunga ma comincia a fare caldo. Il vento c’è ancora ma non è più tanto fresco. A Noto ci metto un bel po’ di tempo per trovare il cuore del centro storico: non che sia difficile, basterebbe un cartello… Una volta trovato Corso Vittorio Emanuele e attraversato l’arco della Porta Reale sarete travolti da un’esplosione di splendore, di colore e di forme, dove il barocco locale è concentrato in modo grandioso e il giallo dei palazzi diventa oro al sole calante delle ore che vanno verso il tramonto.

Da Noto si scende verso il mare in direzione Avola, per puntare diretti alla prossima tappa significativa di questo viaggio, ovvero Siracusa, raggiunta percorrendo la strada secondaria che passa per la località di Fontane Bianche e lambendo il Capo Murro di Porco. Siracusa accoglie il visitatore con le sue vestigia della Magna Grecia, il papiro nei giardini e lo splendore della piazza di Ortigia. Anche qui è d’obbligo quindi gironzolare per le piazze e le viuzze del centro pascendosi della bellezza che ci circonda: il tempio di Apollo, l’abbagliante piazza del Duomo, sull’isola di Ortigia, costruito sulle vestigia di un antico tempio di Atena, con una facciata normanna poi ricostruita in stile barocco. Anche Siracusa meriterebbe una visita più accurata, ma mi accontento. Sarebbero da vedere tante altre perle che ricordo dai viaggi fatti ai tempi del liceo, quando ci portavano ad assistere agli spettacoli nel teatro greco: tra tutte, l’orecchio di Dionisio e il teatro greco stesso. Lascio la città seguendo i cartelli per Priolo Gargallo. Il panorama cambia radicalmente: non più colonne e capitelli, ma tubazioni e ciminiere. Siamo nel cuore del polo petrolchimico di Priolo e Augusta, sede di grandi impianti industriali per la raffinazione e la lavorazione dei derivati del petrolio. La strada è pianeggiante e si procede a buona velocità, assaporando, si fa per dire, il panorama. L’attraversamento nei pressi degli impianti è obbligato dal fatto che la strada, adesso SS114, diventa una superstrada che somiglia decisamente ad un’autostrada, per cui va abbandonata per percorrere la viabilità ordinaria che lambisce le raffinerie da molto vicino. Per arrivare ad Augusta c’è una bretella di collegamento dall’aspetto ancora più autostradale, per cui mi incammino dopo poche centinaia di metri sullo svincolo per Villasmundo, che sembra essere l’unica scelta possibile per quanto apparentemente sbagliata (punta all’interno mentre dovrei viaggiare sulla costa) ma poco dopo mi permette inaspettatamente di immettermi sulla vecchia SS114, ormai quasi deserta dato che il traffico (non poco) è tutto sulla superstrada, che si vede correre parallelamente a breve distanza. Un cartello della Sicilia Non Stop mi conferma che la scelta è stata giusta, cosa altrimenti non del tutto evidente. Mi sto avvicinando a Catania e il clima non aspetta altro per ricordarmelo. Catania è zona di gran calura, sempre e comunque, e anche oggi sembra non fare eccezione. Viaggio per un’ora buona in una bolla di calore che sta cercando di farmi pagare con interessi da usura tutta il fresco di cui ho goduto fino ad oggi. Vengono in mio soccorso sottili nuvole a coprire il cielo, la calura diminuisce sensibilmente e ne uscirò indenne.
Raggiungo Catania attraversando la foce del Simeto, poi lungo la strada dei lidi Playa. Entro quindi in città sul lungomare dalle nere scogliere laviche. Preferisco non fermarmi, ho determinato che sostare in un piccolo centro mi permette di godermelo interamente gironzolando a piedi in tranquillità, mentre una grande città come Catania è impossibile da godere se sono già le sette di sera e non hai neanche una mappa. Proseguo con qualche breve sosta ad Aci Castello e Aci Trezza per ammirare le scogliere vulcaniche e i faraglioni dei Ciclopi, che il mito vuole essere le pietre che Polifemo scagliò contro Ulisse nel classico episodio di Ulisse-Nessuno. Ad Aci Trezza sono ambientati i Malavoglia di Giovanni verga: natura, mitologia e letteratura si mescolano sotto le mie ruote. Mi fermo quindi ad Acireale. Tutto sommato potrei proseguire ancora ma il cielo si sta annuvolando in modo consistente e sembra di sentire anche dei tuoni in lontananza. Non pioverà e i tuoni sono in realtà i brontolii dell’Etna in eruzione. Anche qui passeggiata notturna nel centro storico, tra il monumentale duomo e la frutta martorana esposta nelle pasticcerie, perfetta riproduzione di frutta preparata con farina di mandorle. Non ho acquistato neanche un fico (in senso letterale), e me ne sono già pentito.

L’ultima tappa inizia all’ombra (si fa per dire) del vulcano. L’Etna è ben visibile con il suo pennacchio di fumi e cenere e lo sarà per molti kilometri, facendo da sfondo alla conclusione di questo viaggio, che seppur breve, è stato denso di panorami e di meraviglie naturali ed artistiche. Procedo seguendo la strada più vicina alla costa attraversando Riposto fino a Fiumefreddo, poi devo necessariamente prendere la SS114 Orientale Sicula. L’ultimo grande spettacolo, per il quale si paga un biglietto dal prezzo non eccessivo di qualche salita, è nella zona di Capo Taormina e Capo S. Alessio. Successivamente iniziano i primi borghi dell’estrema periferia sud di Messina, che a dire il vero poco offrono al viaggiatore. La strada sale e scende continuamente e la stanchezza accumulata nei precedenti 900km si fa un po’ sentire. Inoltre il poco stimolo derivante dal paesaggio piuttosto anonimo contribuisce a far pesare di più anche un cavalcavia. Raggiungo Messina, la città dove ho trascorso la mia infanzia e faccio un giro in centro, un giro della memoria, prima fino alla statua di Nettuno, poi la Villa Mazzini, il giardino pubblico della città che ha visto muovere le mie prime pedalate sul triciclo e che ai tempi mi sembrava enorme, mentre adesso faccio un giro completo in due minuti scarsi. Passo davanti al mio liceo, al Palazzo di Giustizia, mi inoltro nella piazza del duomo con il celebre campanile con l’orologio che a mezzogiorno attiva una complessa messa in scena di statue mosse da meccanismi sincronizzati, comprensiva di colonna sonora (il ruggito del leone, il canto del gallo, l’Ave Maria di Schubert) che è stata il segnale di quasi-fine-delle-lezioni per gran parte della mia carriere scolastica. Lascio il duomo e procedo fino alla piazza principale della città (Piazza Cairoli) per inoltrarmi lungo la via principale, il Viale S.Martino, fino al viale Europa dove inizia la salita che mi porterà a casa: decido infatti di scollinare alle “quattro strade“, invece che proseguire sulla strada costiera di Capo Peloro. Questo itinerario abbrevia decisamente il percorso e pagando solo il modico prezzo di una salita non difficile regala una pineta freschissima nel mezzo dei Colli Peloritani. Al culmine della salita, Colle S.Rizzo, c’è il chiosco di “Don Minico” con il suo celebre “pane alla disgraziata“, un’istituzione della gastronomia popolare per i messinesi, anche se qualcuno dice che non sia più come una volta.
La discesa dai colli mi porta velocemente a Villafranca Tirrena per poi percorrere gli ultimi 4km fino al cancello di casa da cui ero partito otto giorni prima.