13 – 15/7: Lamezia Terme – Gioia Tauro, 113km


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Cipolla rossa di Tropea

Cipolla rossa di Tropea

Il tappone è veramente difficile. Bisognerebbe tenere 20km/h di media per almeno 9 ore di pedalata, cioè 11-12 ore reali. In passato ho già fatto 200km in una tappa sola ma non si sa mai cosa ti riserva la strada, per cui parto con l’idea che forse lo farò ma, come si dice dalle mie parti, “vedendo facendo“, anche perchè non è tutta pianura facile. Da Lamezia esco seguendo per il rotondone dell’aeroporto e imboccando la statale 18 direzione Reggio Calabria che si inoltra nella Piana di S.ta Eufemia. All’inizio è tutto tranquillo, lunghi rettilinei e un po’ di vento contrario che mi dà fastidio. Vado a 20 all’ora con una certa fatica nonstante sia tutto pianeggiante. A Pizzo Calabro, in corrispondenza dello svincolo della A3, si lascia la SS18 per prendere la statale 522 che porta a Tropea. Mi inoltro nell’abitato di Pizzo. Da qui in poi sarà il classico
vallonato sempre su e giù, non difficile ma certo non riposante.

Tropea

Tropea

A Bivona c’è una breve deviazione per lavori, il solito cartello inesplicabile che obbliga a cambiare strada verso non si sa dove. Temo di dovermi inerpicare per qualche strada collinare ma per fortuna tutto si risolve brevemente e senza sforzo aggiuntivo. Proseguo per Briatico e mi avvicino a Tropea. La strada è ufficialmente pianeggiante ma il solito vallonato non lascia spazio al riposo, per quanto sia un po’ più facile di prima. Il paesaggio non è male anche se mi aspettavo qualcosa di più interessante. Mi fermo a comprare della frutta in un simpatico chiosco trovato lungo la strada, che fa sfoggio di ogni prelibatezza tra cui spiccano le rosse cipolle di Tropea e peperoncini calabresi la cui potenza è letale ai palati più delicati. Arrivo a Tropea e faccio una sosta nel vivace centro cittadino. Proseguo e da lì a poco inizieranno le sofferenze. Arrivo nei pressi di S. Nicolò seguendo le indicazioni per Capo Vaticano, che si lasciano per avviarsi verso Ricadi, e qui parte una salita durissima. Soffro tantissimo, mi fanno male le gambe, forse è colpa della schiena ma a me sembrano proprio i muscoli che non hanno più voglia di andare avanti (dopo Roma pedalo ininterrottamente da 8 giorni). Seguo le indicazioni per Vibo Valentia; le frecce sono un po’ vaghe e un po’ imprecise, a volte non si capisce esattamente dove stai andando. E’ vero che si va verso Vibo ma sapere quali sono le località intermedie e anche le distanze non farebbe male. La salita per Ricadi non fa sconti e si soffre, rimpiango di non aver fatto in tempo a montare la tripla sulla bici. Fa un caldo soffocante e soffro veramente; questa volta non è come nei giorni scorsi in cui salivo piano piano ma senza troppi problemi, adesso sono veramente al lumicino; in realtà sto bene, mi fanno solo molto male le gambe e sono un po’ stanco mentalmente e il caldo è violento. Fortunatamente verso la seconda metà della salita le pendenze diminuiscono e c’è una meravigliosa fontanella che mi rimette miracolosamente in sesto. Stavo quasi per cedere alla tentazione di seguire le indicazioni per la stazione di Ricadi, prendendo un treno che mi avrebbe portato oltre la zona delle salite, ma stringo i denti e resisto; poi improvvisamente l’oasi. Mi rinfresco, bevo, cambio l’acqua al sacchetto del pesce rosso (lo zaino idrico, che avete capito…), e riparto rinfrancato. Al bivio PanaiaSpilinga/Joppolo scendo in direzione Joppolo su una bellissima discesa che mi fa riposare un po’, passo per Coccorinello e Coccorino e arrivo a Joppolo dove la strada riprende a salire un po’ verso Nicotera. La salita è questa volta più accessibile e salgo senza grossi problemi. Mangio qualche fico acquistato al chiosco dei peperoncini, mi trovo sempre nel nulla più assoluto attraversando frazioni semideserte dove cani abbaiano a distanza nel silenzio della campagna. Nella discesa su Coccorino a volte si apre una bella vista sul mare. Al bivio tra Nicotera e Nicotera Marina bisogna scendere verso il mare, ma non del tutto perchè, a quanto dicono i locali, lì la strada finisce. Dovrei seguire verso la costa per S.Ferdinando, Eranova e Gioia Tauro. Non so bene dove andare, i bivi sono tutti senza indicazioni o con indicazioni generiche per Rosarno. L’unica cosa sicura è appunto andare a Rosarno; trovo due ciclisti da corsa che mi scortano fino in paese. Spero di trovare qualcosa da mangiare ma è una speranza vana, sono circa le 15 e tutti i negozi sono chiusi per la siesta, anche i grandi supermercati. Rosarno è di uno squallore che raramente ho visto nella mia vita; lo attraverso rapidamente e proseguo altri 10km controvento verso Gioia Tauro. Mi fermo in un sorprendente albergo lungo la statale, sorta di lussuosa cattedrale nel deserto (ma non eccessivamente costoso, in linea con gli altri trovati fino ad ora). Il tappone, teoricamente fattibile, comporterebbe ancora molte ore col rischio reale di arrivare all’imbrunire o ancora più tardi, per giunta senza la lucetta dispersa a Montefiascone. In ogni caso non ne vale la pena. La prossima asperità per domani mattina è il monte S.Elia, poi tutta discesa (dicono, ma non sarà vero) fino a Villa S.Giovanni. Il resto lo conosco perchè l’ho fatto mille volte.

14 – 16/7: Gioia Tauro – Messina – Rometta, 81km


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In fondo, la Sicilia

In fondo, la Sicilia

Da Gioia Tauro riparto di buon mattino dopo una abbondante colazione a base di soppressata, ‘nduja e peperoncino di Soverato… (no, scherzo, un paio di cornetti alla marmellata). La salita inizia poco dopo. Proseguo sulla statale 18 che si dirige verso Palmi. Le altimetrie danno una bella collina fino a 500m di quota; sono un po’ perplesso e mi chiedo perchè si debba salire così tanto, ma sarà veramente così. La salita è suddivisa in due tronconi, prima e dopo Palmi, dove la strada spiana per circa 2km. La seconda parte è un po’ più dura della prima ma in generale è sempre abbordabile, per quanto brevi strappi all’8 o al 10% non manchino.

Scilla

Scilla

Lungo la salita si vede in lontananza la zona dello scollinamento con delle antenne. Fortunatamente si procede per lo più all’ombra e l’aria oggi è particolarmente fresca. La strana sensazione di dover salire più del dovuto è accentuata dal fatto che sulla mappa è indicato non molto distante il centro abitato di Seminara, che è addirittura più in basso nonostante sia “lato monte”. In realtà la strada scorre a volte su una specie di costa e si vede il territorio scendere a valle anche sul lato sinistro (a destra c’è il mare). Comunque tengo duro, sono veramente gli ultimi km di salita di tutto il viaggio e ormai non mi ferma più nessuno.

Pilone di Capo Peloro

Pilone di Capo Peloro

A S.Elia si scollina, la strada precipita veloce verso Bagnara con i suoi tornanti, la rupe e il paesino che si inerpica sulle curve lungo le quali sto scendendo. Osservo la gente del luogo e riconosco il lento scorrere della vita al ritmo del sud: chi carica il pesce sulla lapa (l’Ape Piaggio), chi conversa seduto sul muretto, chi compra la frutta dall’ambulante che bannìa (declama la sua mercanzia dall’altoparlante del furgoncino) con parole incomprensibili ai più. Arrivato a Bagnara rimangono ormai solo Scilla e il tratto di costa fino a Villa S.Giovanni, con lo spettacolare panorama della punta della Sicilia (capo Peloro) che sembra realmente vicinissima (nel punto più stretto, lo Stretto è stretto 3km), poi gli ultimi km fino ai traghetti. Arrivo scortato da un ciclista da corsa che mi indica la via più breve per l’imbarco. Salgo su una nave quasi pronta per salpare e in mezz’ora sono dall’altra parte. Finalmente Messina: sono quasi arrivato.

Spartà

Spartà

L’emozione è grandissima. Mancano ancora 35km che conosco a memoria. Esco dalla città e prendo la pista ciclabile verso capo Peloro; dopo il confine urbano inizia la mistica triade di villaggi composta da Paradiso, Pace e Contemplazione. Seguono le rinomate località di Ganzirri con il suo lago e la stazione balneare di Mortelle. L’ultima breve salitella verso Spartà, che una volta mi faceva soffrire, me la mangio in un boccone. Conto i km alla rovescia: Spartà -15, S.Saba -9, Rodia -8, Marmora -7, Villafranca Tirrena -4, Saponara -1. Rometta ZERO: solo poche centinaia di metri mi separano dal cancello di casa. Adesso è fatta, veramente.