16 – 27/7: Dubrovnik – Tivat, 110km

Baia di Kotor

Via dalla pazza folla di Dubrovnik: lascio la città delle salite per reimmettermi sulla Jadranska Magistrala, la strada costiera che arriva da Trieste percorrendo tutta la costa Adriatica. La tranquillità fino ad ora goduta su quasi tutte le strade volge ormai al termine. La strada è ora affollata di auto e mezzi pesanti, ma soprattutto di bus turistici che spesso mi stringono a destra (in un caso piuttosto pericolosamente) senza alcun rispetto per il ciclista. Io cerco di favorire il traffico mantenendomi il più possibile sulla destra ma arrivo a pensare che sarebbe meglio restare in mezzo alla carreggiata, in sicurezza, e che gli altri aspettino. Per fortuna da Dubrovnik in poi il traffico diminuisce notevolmente, fino ad arrivare in tranquillità nei pressi del confine con il Montenegro. Qui ci sono diversi kilometri di cantieri stradali (dove posso sperimentare le qualità quasi fuoristradistiche della bicicletta nuova equipaggiata con copertoncini da 28mm). Un kilometro prima del confine, sulla sinistra, c’è un chiosco che vende frutta e promette ombra, acqua e anche la possibilità di usare un bagno. Mi fermo, la frutta è bella, fresca e colorata. La vende una graziosa fanciulla che tiene sul tavolo un libro e negli intervalli, tra un kilo di pesche e un’anguria, studia giurisprudenza. E’ Nika, che durante l’estate aiuta la famiglia vendendo la frutta che producono poco distante e d’inverno vive e studia a Zagabria. Scopro che parla bene italiano, è colta e garbatissima. Le parlo del mio viaggio e di quello che ho visto, lei mi racconta di quando era piccola, venne la guerra e fu sfollata in Istria insieme alla madre e ai fratelli, mentre il padre era soldato. Fa gli stessi discorsi che faceva mia nonna che  raccontava di quando era sfollata nei villaggi della provincia mentre nel 1943 gli alleati angloamericani bombardavano Messina. Taglia un melone bianco e me lo offre su un piatto facendomi sedere all’ombra. Starei lì tutto il giorno ma arriva il momento del commiato. Nika mi regala una cipolla tipica del luogo, che porterò fino a casa per mangiarla insieme ai pomodori siciliani.
Giungo poco dopo al confine con il Montenegro: lunga coda di auto che sfilo per arrivare in testa, fino alla barriera che fa passare solo pochi mezzi alla volta. Timbro sul passaporto e sono in Crna Gora (“Monte Nero”). La strada è un po’ trafficata ma non ci sono grossi problemi, il delirio di Dubrovnik è passato. Attraverso Herceg Novi e mi dirigo verso la baia di Kotor. Non ci sono difficoltà altimetriche, niente saliscendi, si scorre facilmente senza patire. I centri abitati si susseguono uno dopo l’altro; è zona turistica, un po’ troppo urbanizzata a dire il vero. Raggiungo l’imboccatura della baia e supero il punto in cui un traghetto permette al traffico in transito di evitare la circumnavigazione del profondo golfo per arrivare direttamente a Tivat, dall’altro lato. Neanche ci penso a prendere il traghetto e procedo lungo la costa. La strada è ora tranquilla e per percorrere tutta la baia fino a Tivat ci vorranno diverse ore, trascorse tra il mare che si insunua profondamente e alte montagne che chiudono la vista. Piccoli villaggi si susseguono a breve distanza l’uno dall’altro, in alcuni di essi è possibile lasciare la strada principale e proseguire sul lungomare, evitando il già poco traffico della zona, in mezzo a bagnanti e villeggianti. Le montagne racchiudono completamente lo specchio d’acqua che crea una specie di fiordo punteggiato da paesini tranquilli, non contaminati dallo sviluppo selvaggio e anonimo di Herceg Novi o Budva, la cittadina turistica forse più nota della zona.
A Tivat ho già percorso 110km, per oggi possono bastare.

17 – 28/7: Tivat – Bar, 63km

Riviera del Montenegro

Lo Jugotour volge al termine. Mancherebbero un paio di tappe in Albania, appendice al viaggio balcanico ormai sostanzialmente concluso. Proseguo sugli ultimi km di strada dopo la baia di Kotor in direzione dell’aeroporto di Tivat. La strada lascia la costa fino a Budva, paesone turistico senza particolari attrattive. Qui in teoria dovrei deviare verso l’interno per raggiungere la capitale Podgorica e successivamente l’Albania. Vedo la strada che dovrei percorrere, una salita che si inerpica sulla parete della montagna e non promette niente di buono. Fa molto caldo e l’idea di fare quasi 800m di dislivello in meno di 20km di salita non mi ispira per niente. C’è un’altra via d’accesso alla capitale anche più avanti, per cui mi riservo di decidere strada facendo. A Budva faccio un po’ di scorta di cibo comprando un prodotto locale, una specie di sfoglia/torta salata ripiena di un formaggio morbido e molto sapido, quasi piccante; l’avevo già assaggiata a Sarajevo e in altri posti trovandola molto buona. Decido di arrivare a Bar continuando sulla costa. La secondo strada per Podgorica non è meno dura della prima, anche se si deve arrivare solo a 600m sul mare. Provo a farne un pezzo ma la mente non mi accompagna più. La strada sale, non molto ripida tutto sommato, ma è comunque dura e sembra non finire mai. Si vede la strada che continua in lontananza arrampicandosi piano piano verso l’entroterra perdendosi in un nulla cotto dal sole; il caldo è eccessivo e la cosa mi scoraggia decisamente. Torno indietro e rientro sulla strada costiera verso Bar, ultimo porto verso l’Italia prima di Durazzo. Mi fermo a mangiare presso un piccolo bar sulla strada dove posso trovare acqua e un bagno. Qui incontro un motoclista tedesco fermo a mangiare anche lui. Scambiamo due chiacchiere, lui arriva da sud ed ha appena percorso le strade dell’Albania che dovrei percorrere anch’io. Mi racconta di asfalto messo molto male, pieno di buche e niente di interessante per cui valga la pena avventurarsi. Dice che “North of Albania can be very nasty“, il nord dell’Albania può essere un posto molto brutto e inospitale.
Non dovrei farmi influenzare da chi non va in bici, ma la stanchezza ha un po’ preso il sopravvento. Arrivare a Podgorica sembra veramente troppo duro per le mie forze attuali, più mentali che fisiche, e non ho ben chiaro se e come si possa arrivare direttamente in Albania saltando la capitale del Montenegro.

A Bar trovo un albergo e decido di chiudere il viaggio, acquisto il biglietto del traghetto per Bari e mi rilasso completamente. Ormai ho buttato l’ancora e non andrei più da nessuna parte, anche se nel tardo pomeriggio, da una postazione internet in hotel scopro che c’è una terza alternativa per proseguire: meno di 50km senza salite significative per arrivare a Scutari saltando Podgorica, oppure 105km con un po’ di saliscendi fino a Podgorica, per poi proseguire come previsto; in ambedue i casi passando per Ulcinj. Purtroppo le mie mappe erano state ritagliate escludendo proprio la zona che mi avrebbe permesso di trovare queste alternative. Evidentemente è destino che non possa arrivare mai in Albania, dovrò organizzare un viaggio apposta.
In ogni caso sono felicissimo di questa avventura, 1700km di emozioni che raramente sono state eguagliate nei miei viaggi precedenti, e sicuramente un contenuto umano molto toccante, che data l’unicità della storia recente dei Balcani non ha avuto eguali fino ad ora.